Federico Ferrarini

Kroll

Kroll – installazione multisensoriale – (grafite, legno, sabbia vulcanica, pigmenti minerali – suono)

Monoliti, schegge, frammenti, spine, labirinto: così appare Kroll a chi vi si avvicini e vi si addentri.

Ostativo, intrigante, fascinoso nei suoi imprevedibili squarci, tortuosi cammini verso una non prefigurabile meta che solo uno sguardo dall’alto può disvelare quale cratere, nero: inghiottitoio dove annientarsi senza ritorno, antro di trapasso verso un indicibile altrove nell’infinito del cosmo, scaturigine insondabile e spontanea di nuovo potenziale magma vitale o, al contrario, solo spazio imprigionato, espressione di un vuoto esistenziale delimitato da una irta barriera che impedisce ogni possibilità di fuga dal proprio buio interiore?

Questo può essere Kroll che, come ogni “opera aperta”, necessariamente si offre nella sua ermeneutica a molteplici punti di vista, generando un caleidoscopio di letture e potenziali significati: il fruitore,  parte attiva egli stesso dell’installazione che vive nel suo sguardo e nel suo agire, può raggiungere lo spazio libero percependolo come   acquietante punto d’arrivo o imperscrutabile e stimolante passaggio ma, altresì, come recinzione da cui, difficilmente, potrà uscire, esperienza tangibile del proprio limite.

Il nero, simbolicamente associato alle tenebre, all’indifferenziato originario, diventa qui motore immobile della composizione, reinterpretazione creativa, come disvelato dall’autore stesso, di “un buco nero cosmico” regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale talmente forte che neppure la luce riesce a sfuggirgli, sorta di gorgo onnivoro che tutto travolge per restituirlo a nuove dimensioni, in un processo di annientamento e, forse, di successiva rinascita.

Uno spunto, quello da cui è germinata la riflessione dell’artista, di straordinaria contemporaneità, frutto delle più recenti conquiste della scienza e della tecnica, a dimostrazione delle possibili feconde contaminazioni tra ambiti disciplinari solo apparentemente lontani ma, in verità, da sempre dialoganti nella complementarietà dei saperi.

Kroll, per la sua proteiforme configurazione, riporta inevitabilmente alla mente anche l’immagine del Sol Niger, un elemento della simbologia alchemica che, soprattutto a partire dal Rinascimento, fino ad arrivare a protagonisti indiscussi della scena contemporanea quali Duchamp e De Chirico, ha intessuto un rapporto di stimolante interscambio con il mondo dell’Arte.

Un sole nero, l’ombra del sole: un simbolo notevolmente affine al buco nero che di fatto è una stella oscura, un astro che invece di donare la luce la risucchia. L’accostamento fra Sol Niger e buco nero non si limita all’aspetto, ma si può accordare anche nell’essenza e nei potenziali significati. Nel percorso alchemico il Sol Niger è un simbolo legato alla Putrefactio che non va intesa come processo di mera dissoluzione finale ma, al contrario, come primo stadio, fase della Nigredo a cui seguiranno quelle dell’Albedo e della Rubedo, di un percorso iniziatico, denominato la Grande Opera, articolato in vari passaggi che gradualmente comportano una metamorfosi spirituale, una trasformazione dell’anima che conduce alla Pietra Filosofale. Trovare la Pietra Filosofale significa scoprire l’Assoluto, possedere la conoscenza perfetta.

Kroll, opera le cui radici si possono riconnettere  ad un passato lontano e profondo ricreato in icona contemporanea, ci invita quindi ad entrare e ad iniziare un viaggio, forse verso l’Ignoto.