Un canyon scavato con un solo gesto che come uno stampo immediatamente si riempie.
Si tinge, si lascia occupare.
La reazione della tela è quasi istantanea. La sua trama in pochi secondi torna a tendersi sbalzando all’infuori l’elemento cromatico.
Si è ora in presenza di un oggetto che ha preso possesso di uno spazio.
La sensazione è quella della materia che occupa il vuoto di un taglio
Senza alcuna incertezza posso affermare che si tratti di un’esigenza fisiologica e violenta, istintiva e innata.
Parlo del bisogno di scaricare questi lampi fuori dalla mia spina dorsale.
Sui monoliti e sul loro apparire.
Alcune volte ho sentito l’esigenza di crearne uno soltanto ma il più delle volte mi sono ritrovato trasecolato in una meditazione che ne ha prodotti centinaia e poi migliaia.
I monoliti si attraggono tra loro interpretando coralmente e sincronicamente movimenti, correnti, orbite e talvolta un caotico ordine apparentemente meno sensato.
La formazione di un monolite richiama la nascita di altri monoliti, la direzione di un monolite suggerisce e orchestra le direzioni degli altri.
Una forza di accelerazione orienta i movimenti dei monoliti che paiono destinati all’individuazione di un qualcosa, come se fossero alla ricerca di una conformazione specifica.
Una forza gravitazionale derivante da un luogo preciso.
Quella particolare condizione meditativa dove ogni senso è connesso con la materia, dove si percepisce una frequenza mistica impossibile da descrivere se non attraverso un qualcosa che ancora non si conosce, che ancora non si può ragionare.
Quella particolare condizione di ricerca che si può solo sentire.
“Trovai irresistibile e indipendente dalla mia volontà creare i monoliti dirigendoli verso un punto. In quel punto nascosto chissà dove ma avvertito con adamantina precisione nel mio sentire, nell’infinitamente piccolo tra le galassie incastonate in profondità della trama della tela, in una porzione visiva di qualche decina di centimetri o di millimetri.”
In un punto così lontano da non poter essere misurato e contemporaneamente così presente da poterne subire la forza.
A scrutare in poco spazio lasciando vibrare gli occhi come antenne, cercando di varcare la materia del tessuto.
La forza di attrazione e al contempo di trasmissione di quel preciso punto situato nello spazio infinito è quindi agganciata alla mia percezione, si è creato un legame e non è più possibile immaginarne un’interruzione.
Così è già iniziata una trasmissione di dati, il flusso è continuo e tanto è ciò che esce da me in direzione di tale dimensione, tanto è ciò che da essa viene trasmesso.
Il Sole Stargate nasce dalla mia ricerca spirituale ed è in continua e naturale evoluzione.
Un profonda meditazione creativa espletata attraverso la gestualità di ogni segno e trasportata dai sensi.
Al completamento del Sole Stargate accade un evento interamente indipendente da me, un’accensione che rende reale e attivo un varco, un portale.
Da sempre indago sull’idea che tale entità possa fungere da collegamento perpetuo tra due differenti realtà spaziali e temporali.
Non posso determinare dove si trovi il punto con il quale si entra in collegamento.
Posso supporre che si sia aperto un passaggio che metta in costante trasmissione due luoghi o dimensioni differenti e che idealmente siano collegate allo stesso modo in cui una porta mette in relazione ogni cosa contenuta in due stanze, dalla luce, alla consistenza dell’aria, dalla temperatura ai suoni che si propagano, in pratica a qualsiasi tipologia di evento esistente in tali realtà.
Una costante fusione e trasmissione di dati.